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Opere > La prosa scientifica > Il linguaggio

Il linguaggio

"Se Galileo dedica tanta cura ai problemi della lingua è perchè si rese conto che non è solo il pensiero che condiziona il linguaggio, ma che è altrettanto vero l'opposto, ossia che il linguaggio condiziona il modo stesso di pensare. Per questo nel Saggiatore la riflessione su come comunicare il messaggio scientifico ha un'importanza pari a quella sui contenuti della scienza stessa. La battaglia intorno alla natura delle comete è diventata subito una battaglia anche terminologica che vede di fronte il latino "cavilloso" dei gesuiti e l'italiano che "in brevi parole" non concede alternative all'essere, come aveva insegnato Machiavelli, "o Cesare o niente", con buona pace dell'accomodante Tycho Brahe."

[Battistini A., Girandole verbali e severità di geometriche dimostrazioni : battaglie linguistiche nel Saggiatore, in Galilæana A. 2 (2005), pag.106, Firenze, L.S. Olschki]


Sommario

- Una semplicissima e proprissima parola.1
- L'efficacia delle parole vale più della loro moltitudine1
- La severità di geometriche dimostrazioni1
- L'importanza della terminologia esatta2
- Uso convenzionale dei termini2

Una semplicissima e proprissima parola

(...) Io non so vedere perchè, potendo uno dir bene assolutamente con una semplicissima e propriissima parola, ei debba servirsi d'una impropria e bisognosa di limitazioni ed in somma d'esser finalmente trasportata in un'altra molto diversa.

Il Saggiatore, 1623, in Ed. Naz., VI, 330 [vai al testo]

L'efficacia delle parole vale più della loro moltitudine

Ma ritorno a quel che segue scrivendo il Sarsi, dove destreggiando, per non si ridurre a dire che l'argomento preso dal minimo ingrandimento degli oggetti remotissimi non val nulla, perch'è falso, dice che di quello non n'ànno mai fatta molta stima; il che manifesta egli dall'averlo il suo Maestro scritto con assai brevità, dove che gli altri due argomenti si veggono distesi ed amplificati senza risparmio di parole. Al che io rispondo che non dalla moltitudine, ma dall'efficacia delle parole si deve argumentar la stima che altri fa delle cose dette: e, come ogn'un sa, vi sono delle dimostrazioni che per lor natura non possono esser senza lunghezza spiegate, ed altre nelle quali la lunghezza sarebbe del tutto superflua e tediosa; e qui, se si deve aver riguardo alle parole, l'argomento è portato con quante bastavano alla sua spiegatura chiara e perfetta.

Il Saggiatore, 1623, in Ed. Naz., VI, 260 [vai al testo]

La severità di geometriche dimostrazioni

Ma avvertisca bene al caso suo, e consideri che per uno che voglia persuader cosa, se non falsa, almeno assai dubbiosa, di gran vantaggio è il potersi servire d'argomenti probabili, di conghietture, d'essempi, di verisimili ed anco di sofismi, fortificandosi appresso e ben trincerandosi con testi chiari, con autorità d'altri filosofi, di naturalisti, di rettorici e d'istorici: ma quel ridursi alla severità di geometriche dimostrazioni è troppo pericoloso cimento per chi non le sa ben maneggiare; imperocchè, sì come ex parte rei non si dà mezo tra il vero e 'l falso, così nelle dimostrazioni necessarie o indubitabilmente si conclude o inescusabilmente si paralogiza, senza lasciarsi campo di poter con limitazioni, con distinzioni, con istorcimenti di parole o con altre girandole sostenersi più in piede, ma è forza in brevi parole ed al primo assalto restare o Cesare o niente. Questa geometrica strettezza farà ch'io con brevità e con minor tedio di V. S. Illustrissima mi potrò dalle seguenti prove distrigare.

Il Saggiatore, 1623, in Ed. Naz., VI, 296 [vai al testo]

L'importanza della terminologia esatta

\Simp.\ Io non intendo che 'l moto proietto sia a dirittura di tutto il circolare, ma di quell'ultimo punto dove terminò il moto circolare. Io mi intendo dentro di me, ma non so ben esplicarmi.

\Salv.\ Ed io ancora mi accorgo che voi intendete la cosa, ma non avete i termini proprii da esprimerla: or questi ve gli posso ben insegnar io; insegnarvi, cioè, delle parole, ma non delle verità, che son cose. E per farvi toccar con mano che voi sapete la cosa e solo vi mancano i termini da esprimerla, ditemi: quando voi tirate una palla con l'archibuso, verso che parte acquist'ella impeto di andare?

\Simp.\ Acquista impeto di andare per quella linea retta che segue la dirittura della canna, cioè che non declina nè a destra nè a sinistra, nè in su nè in giù.

\Salv.\ Che in somma è quanto a dire, che non fa angolo nessuno con la linea del moto retto fatto per la canna.

\Simp.\ Così ho voluto dire.

\Salv.\ Se dunque la linea del moto del proietto si ha da continuar senza far angolo sopra la linea circolare descritta da lui mentre fu co'l proiciente, e se da questo moto circolare deve passar al moto retto, qual dovrà esser questa linea retta?

\Simp.\ Non potrà esser se non quella che tocca il cerchio nel punto della separazione, perchè tutte l'altre mi par che, prolungate, segherebbono la circonferenza, e però conterrebber con essa qualche angolo.

\Salv.\ Voi benissimo avete discorso, e vi sete dimostrato mezo geometra. Ritenete dunque in memoria che il vostro concetto reale si spiega con queste parole: cioè che il proietto acquista impeto di muoversi per la tangente l'arco descritto dal moto del proiciente nel punto della separazione di esso proietto dal proiciente.

Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 1632, in Ed. Naz., VII, p. 218-219 [vai al testo]

Uso convenzionale dei termini

\SALV.\ [... ] Ma qui finalmente non vanno contemplazioni nè dimostrazioni, imperciocchè è una semplice imposizione di nome. Quando a V. S. non piacesse il vocabolo di composta, chiamiamola incomposta, o impastata, o confusa, o in qualunque modo più aggrada a V. S.; solo accordiamoci in questo, che quando poi avremo tre grandezze dello stesso genere, ed io nominerò la proporzione incomposta, o impastata, o confusa, vorrò intendere la proporzione che ànno l'estreme di quelle grandezze, e non altro.

\SAGR.\ [...]

\SALV.\ V. S. discorre benissimo. Ora intesa e stabilita la difinizione della proporzione composta in questo modo (la quale non consiste in altro fuori che nell'accordarsi che sorta di roba noi intendiamo sotto quel nome) [...]

Sopra le definizioni delle proporzioni d'Euclide, 1674, in Ed. Naz.VIII, p. 361 [vai al testo]

Così nel Saggiatore:

Sì che la cosa, Sig. Sarsi, sta così, e questo effetto ci venne chiamato uno spogliar Giove del suo capillizio: le quali parole se non vi piacciono, già vi si è dato licenza che le mutiate ad arbitrio vostro, ed io vi do parola d'usar per l'avvenire la vostra correzzione; ma non v'affaticate in voler mutar la cosa, perchè non farete niente.

Il Saggiatore, 1623, in Ed. Naz.VI, 362 [vai al testo]