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Benedetto Castelli

1577/8-1643

Antonio Castelli nacque a Brescia nel 1578; vestito l'abito cassinese a 17 anni, prese il nome di Benedetto. Stabilitosi a Padova nel 1604, frequentò le lezioni di Galileo, del quale divenne ben presto il più affezionato discepolo. Nel 1613, grazie all'intercessione dello scienziato pisano presso il Granduca, Castelli fu nominato lettore di matematica allo Studio di Pisa. In questi anni, oltre ad approfondire le proprie conoscenze in campo matematico, si dedicò particolarmente allo studio dell'idraulica: le bonifiche dei territori o il governo del corso dei fiumi, infatti, erano questioni di grande importanza per il Granducato. Nel 1626 Urbano VIII (1568-1644) lo chiamò a Roma perché si occupasse del giovane Taddeo Barberini, così Castelli si stabilì nella capitale pontificia e, grazie ai buoni uffici della famiglia Barberini, ottenne la cattedra di matematica alla Sapienza. In questi anni pubblicò Della misura delle acque correnti (Roma, 1628) celebrato, a ragione, come il primo testo di idraulica moderna.

Costantemente in contatto epistolare con Galileo, Benedetto Castelli amò il maestro come un figlio. Oltre a essere un qualificato interlocutore, fu per lo scienziato un sostegno concreto lungo tutta la vita. Si occupò del figlio di Galileo negli anni in cui questi era studente a Pisa e poi del nipote Vincenzo, quando si trasferì a Roma per studiare musica. Entrambe le occasioni misero alla prova la buona volontà di Castelli: i giovani Galilei infatti si rivelarono tanto ribelli e insolenti quanto anticlericali.

Gli anni del soggiorno romano, anche se ricchi di soddisfazioni professionali, pesarono sul Castelli, che avrebbe preferito rimanere più vicino a Galileo. Gli scriveva in una lettera del 21 maggio 1627: "quanto al mio gusto particolare mangerei più volentieri i pesciolini d’Arno che i storioni del Tevere."

Oltre a sostenere Galileo in molti modi, Castelli ebbe cura di formare un gruppo di studiosi di altissimo livello, tra i quali spiccano Evangelista Torricelli (1608-1647), Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), Bonaventura Cavalieri (c.1598-1647), i quali, oltre ad assistere il maestro negli ultimi anni ad Arcetri, furono in grado di recepirne e valorizzarne l’eredità.