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4. The letters to Piero Dini (in Italian only)

Galileo nel frattempo - forse allo scopo di rettificare le espressioni non del tutto ortodosse della copia inviata a Roma dal Lorini - provvedeva a mettere in circolazione una nuova versione della Lettera al Castelli e il 16 febbraio 1615, affacciando il sospetto che il testo consegnato al Sant'Uffizio fosse stato falsificato, ne inviava a Piero Dini un esemplare corretto, chiedendo che fosse fatto leggere al padre Grienberger, matematico del Collegio Romano, e al cardinale Bellarmino [V, 292].

A questa lettera ne seguì un'altra datata 23 marzo. In entrambe [V, 291-305] Galileo chiariva ulteriormente le proprie idee sul rapporto tra astronomia copernicana ed esegesi biblica [V, 297], e particolarmente nella seconda - dopo aver energicamente rivendicato l'effettiva e reale esistenza in natura delle conclusioni de systemate mundi di Copernico, che non erano solo un espediente per "salvare i fenomeni", ma erano lo schema matematico della «vera disposizione delle parti del mondo» [V, 298] - si avventurava in una spiegazione dettagliata di alcuni passi biblici comunemente considerati avversi alla teoria eliocentrica, soffermandosi soprattutto sul Salmo 18, in cui si paragona il Sole ad un gigante che percorre il cielo da un estremo all'altro [V, 301]. L'intento era sempre quello di dimostrare che il presunto accordo tra alcuni luoghi scritturali e le tesi tolemaiche non poteva affatto dirsi scontato, poiché altre interpretazioni inclini verso la posizione copernicana apparivano ugualmente, quando non maggiormente, plausibili. La scelta di insistere sulla questione esegetica presentava non pochi rischi per Galileo, perché - come era stato avvertito da più parti - i teologi riconoscevano solo a se stessi, e senza deroghe, la prerogativa di interpreti accreditati delle Scritture.