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Galilée - François Ponsard

L'autore romantico François Ponsard, scrive un dramma in tre atti in versi alessandrini, dal titolo Galilée. Il dramma, dopo un iniziale periodo di censura prima di entrare a far parte del repertorio della Comédie Française, viene rappresentato il 3 marzo del 1867.

Il testo, secondo il gusto del teatro dell'epoca, viene costruito sulla vicenda dell'amore della figlia di Galileo, Antonia, per il giovane Taddeo: si teme che il matrimonio tra i due giovani possa essere messo in discussione a causa delle idee sovversive di Galileo. Egli, durante il processo, inizialmente rifiuta di abiurare. Per questo Taddeo lo accusa: per la freddezza con cui accetterebbe il sacrificio della figlia. Così si esplicita il dramma dello scienziato: "Mia figlia da una parte, la verità dall'altra, mi fanno o un cattivo padre o un apostolo traditore".

Galileo è dipinto come un eroe ingenuo e devoto alla scienza che esalta, con estrema convinzione, la superiorità della ragione. L'abiura è motivata da Ponsard unicamente dall'amore per la figlia, e dal non volerne ostacolare il matrimonio con Taddeo. Così l'opinione dell'autore che emerge dal dramma è che la scienza non può porsi al di sopra dell'amore, non si colloca al di sopra degli uomini.

Il Galileo di Ponsard ottiene il favore del pubblico che è coinvolto dalla storia romantica. D'altra parte Ponsard, portando in scena la scienza e lo scienziato in rapporto alle passioni umane, all'amore, li riconduce a una dimensione "terrena". Al contrario del pubblico, la critica stronca lo spettacolo ritenendolo un banale teatro delle passioni umane. Con la rappresentazione che ne fa Ponsard, Galileo è ridotto a un personaggio di secondo piano e la storia d'amore tra la figlia, Antonia, e Taddeo risulta solo un banale stratagemma per dare movimento e forma di dramma alla sua opera. Sulla stampa dell'epoca si legge: "Ci si appassiona meno per una scoperta scientifica che per le peripezie di un intrigo amoroso".

Quanto alla figura dello stesso Galileo su "La Revue des Deux Mondes" del 15 marzo 1867 si scrive: "Invece di essere un eroe del pensiero, Galileo è il primo di quegli scienziati troppo numerosi nei quali l'ampiezza delle conoscenze e la novità delle scoperte si uniscono a uno scetticismo morale che affligge, che ci colpiscono di ammirazione per la bellezza del loro genio ma che, per la miseria del loro comportamento e l'inconsistenza del loro carattere, ci dispensano dal rispetto. La potenza del suo genio e la solennità delle prove che gli sono state imposte pongono Galileo al livello degli uomini più grandi; il modo in cui le ha sopportate lo abbassa al rango dei più ordinari. Ecco la contraddizione violenta, irrimediabile".