Esistono vari testi, nell'ambito del teatro dell'Ottocento italiano ispirati a Galileo. Spesso in questi testi egli diventa una sorta di simbolo: da eroe del libero pensiero a icona dell'anticlericalismo.
Nell'Ottocento italiano il mito di Galileo rivive con forza soprattutto perché lo scienziato pisano incarna i valori di opposizione contro la chiesa cattolica a sostegno dell'unità d'Italia e di uno Stato autonomo dalla chiesa. Nel 1757 la chiesa aveva cancellato la proibizione dei libri che sostenevano il copernicanesimo e nel 1835 Copernico, Keplero e Galileo scompaiono dall'Indice. L'Italia dell'Ottocento, nel corso del processo di unificazione trova in un Galileo "rivoluzionario" che porta nel mondo una nuova cosmologia, un riferimento alla lotta sul piano delle idee contro la Roma dei papi. E' in questo quadro che si inserisce un'opera come quella di Ippolito Nievo. Intitolata Gli ultimi anni di Galileo Galilei, è un dramma in cinque atti messo in scena nel 1854 al teatro dei Concordi a Padova. Ha esito disastroso, come peraltro lo stesso autore, che non aveva grande fiducia nelle proprie capacità di drammaturgo, aveva presagito.
La scena si svolge per i primi tre atti a Roma prima e durante il processo e per gli ultimi due a Arcetri. Galileo viene rappresentato come "devoto" alla ricerca scientifica: non è tanto preoccupato per sé, a causa dei possibili esiti del processo che sta subendo per il suo sostegno al copernicanesimo, ma piuttosto ha a cuore il poter diffondere le proprie scoperte e le proprie idee.
Nel dramma viene esaltata la fede nella ragione e la convinzione che la conoscenza sia strumento per gli uomini di liberazione dalle ombre del pregiudizio. La visione che Nievo ha del teatro è molto in sintonia con le idee di Mazzini, in particolare con quanto è espresso nel saggio Del dramma storico dove il teatro viene considerato come scuola del popolo e l'arte come strumento per "promuovere lo sviluppo dell'incivilimento delle moltitudini". E il "Galileo" di Nievo, è proprio l'esempio di colui che ha sofferto "per far progredire coi più potenti argomenti, colle … azioni, il libro dell'umanità". Quanto invece alla possibilità della resa drammaturgica di un soggetto ispirato a Galileo, vale la pena citare le parole dello stesso Nievo da una lettera indirizzata all'amico Andrea Cassa: "Argomento troppo astratto perciò di difficile drammatizzazione, perciò qualche merito all'autore se lo ha ridotto per le scene senza enormi castronerie, stile facile, condotta abbastanza buona, esuberanza di scene a due, prestigio scenico poco o nullo. Caratteri tagliati en bloc come direbbero i francesi e perciò un po' statuari e monotoni, meno il personaggio di Galileo che è profilato benino e che domina tutto il dramma della sua imponente figura. Da ciò capirai che gli è un lavoro appoggiato precipuamente agli attori, perché c'è poco intrigo, appoggiato principalmente al primo attore perché intorno al solo Galileo si riassume tutto l'interesse".
Vale la pena citare anche il commento dell'autore dopo l'insuccesso della prima. "Basta! Anche questa la è passata ed ho imparato più a mettere in scena un dramma che non a farne o a leggerne un centinaio."