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Vita > Personaggi > Bernardino Telesio

Bernardino Telesio

1509-1588

Nato a Cosenza nel 1509, compì i primi studi a Milano sotto la guida dello zio Antonio Telesio, poeta e letterato che là insegnava, e lo seguì prima a Roma, dove fu tenuto per due mesi prigioniero dai lanzichenecchi che lo avevano catturato durante il sacco del 1527, poi verso Venezia, fermandosi però a Padova per studiare filosofia, matematica, ottica e medicina alla Facoltà delle arti dell'Università. Vi restò circa dieci anni e dopo aver trascorso un periodo di meditazione fra i monaci benedettini, ritornò in patria, dove prese in moglie Diana Sersale, che gli avrebbe dato quattro figli.

Recatosi in seguito a Napoli, iniziò a lavorarvi al De rerum natura iuxta propria principia, che, dopo due precedenti edizioni dei soli primi due libri (Roma, 1565 e Napoli, 1570), uscirà sempre a Napoli nel 1586 nella redazione completa e definitiva in nove libri.

Della sua opera, polemica già nel titolo, radicalmente antiaristotelica nelle intenzioni e fortemente critica verso chi, indagando la natura, non ne seguisse i processi, ma facesse di se stesso la misura delle regole dell'universo, volle comunque discutere con Vincenzo Maggi bresciano, uno dei più rinomati filosofi peripatetici del tempo, il quale non chiuse le porte ai suoi principi "e non poté scorgere nulla che non derivasse dai medesimi". In effetti, pur partendo dall'idea di una natura sempre uguale a se stessa nei suoi comportamenti e indagabile solo tramite i sensi, Telesio, quando ricercava l'essenza di caldo e freddo, i due principi vivificanti una materia altrimenti inerte e ad essa connaturati, non riusciva, come gli contestò Francesco Patrizi, ad affrancare la fisica dalla metafisica, e la sua indagine, restando sempre a metà fra filosofia e scienza, contrastava non tanto con Aristotele, quanto piuttosto con la tendenza, non scevra di platonismo, a considerare separate dai fenomeni naturali, e non intrinseche ad essi, le cause che invece li dovrebbero spiegare. Ben chiari furono questi limiti a Galileo che glissò sul telesianismo negandone l'attinenza al proprio metodo e annoverandolo fra le tante "fantasie" dei filosofi.

Nonostante i buoni rapporti con varie personalità salite al soglio pontificio (Pio IV lo voleva addirittura arcivescovo di Cosenza, ma lui passò la carica al fratello) e la chiusa del proemio al De rerum natura del 1586, dove rinnegava a priori qualsiasi frase del libro risultasse contraria alla Sacra Scrittura, Telesio non riuscì a salvare dall'Inquisizione la sua opera che, insieme agli opuscoli De somno e Quod animal universum, fu messa all'Indice nel 1596, otto anni dopo la sua morte, avvenuta poco dopo il suo rientro a Cosenza. Oltre alle tre edizioni del De rerum natura, lasciò una serie di scritti minori, alcuni dei quali pubblicati in vita, ma tutti riuniti dall'allievo Antonio Persio nei postumi Varii de naturalibus rebus libelli (Venezia, 1590).