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Cosimo II de' Medici, granduca di Toscana

1590-1621

Cosimo II, figlio primogenito di Feridnando I (1549-1609), ereditò il Granducato a diciannove anni e subì nei primi anni di governo l'influenza della madre Cristina di Lorena (1565-1636).

L'anno prima della morte del padre si era sposato con la sorella dell'Imperatore, Maria Maddalena d'Austria (1589-1631), che gli dette otto figli. Il Granduca fu cagionevole di salute, e pur desiderando proseguire nelle linee politiche dettate da Ferdinando I, non ne ebbe la forza. Sotto di lui ad esempio venne chiuso il famoso "banco de' Medici" che aveva filiali in tutto il mondo e il commercio, praticato con successo dal padre, subì un'irrecuperabile battuta d'arresto.

In politica estera si adoperò per la conservazione della pace mantenendosi in equilibrio tra Spagna e Francia. In politica interna, scelse di potenziare il porto di Livorno, completando la costruzione del molo che delimitava il bacino e realizzando un canale navigabile fino a Pisa.

Discepolo di Galileo negli anni dell'adolescenza, fu a lui legato da sincero affetto e grande stima, come dimostra una lettera autografa del 1606 in cui, dopo aver lodato le sue doti di insegnante, così conclude: "io son tutto di V.S. S.r Galileo Galilei. Al piacer suo Don Cosimo Principe di Toscana" (Ed. Naz. vol. X, p. 155).

Da parte sua Galileo vide in Cosimo colui che avrebbe potuto favorire un suo ritorno in patria e ne ebbe molto riguardo fin dalla giovinezza. Nel 1606 dedicò a lui, ancora principe e suo allievo, Le operazioni del compasso geometrico et militare (Padova, 1606). Nel 1609, dopo una lunga trattativa col Segretario di Stato Belisario Vinta, che lo sconsigliò di chiamare i satelliti di Giove da lui scoperti "Cosmici", in onore del neo Granduca, li battezzò Pianeti Medicei, dedicando comunque a Cosimo II il Sidereus nuncius (Venezia, 1610), col quale ne trasmetteva notizia al mondo.

L'anno precedente Galileo aveva già tentato, ancora vivo Ferdinando I, di omaggiare il futuro erede con un'idea tratta dalle proprie esperienze sulle calamite, che tanto appassionavano anche padre e figlio Medici. Fu proprio il magnete a suggerirgli, in occasione del matrimonio di Cosimo II, l'immagine per un'impresa che potesse rendere ragione delle caratteristiche del futuro Granduca e suo ex allievo. Così scrisse a Cristina di Lorena:

«Tale et sì generoso pensiero parmi che acconciamente possa esplicarsi col figurare per corpo dell'impresa una palla di calamita, dalla quale pendano molti ferri da essa sostenuti, aggiugnendovi il motto Vim facit amor, il cui senso allegorico è che sì come quei ferri dalla calamita sono contro la propria inclinazione mossi all'in su et sostenuti in alto, ma però con una quasi amorosa violenza, avventandosi l'istesso ferro avidamente a quella pietra et quasi di volontario moto correndovi, sì che dubbio ancor resti se più la forza della calamita o il naturale appetito del ferro o pure un amoroso contrasto d'imperio et di obedienza così tenacemente ambedui congiunga; così l'affetto cortese et pio del Principe, figurato per la pietra, che a sollevare et non ad opprimere i suoi vassalli solamente intende, fa che quelli, rappresentati per i ferri, ad amarlo et obedirlo si convertino. Che poi per la palla di calamita acconciamente si additi la persona del Ser.mo Principe, è manifesto: prima, per esser le palle antica insegna della Casa; in oltre, essendosi da grandissimo filosofo diffusamente scritto, et con evidenti dimostrazioni confermato, altro non essere questo nostro mondo inferiore, in sua primaria et universal sustanza, che un gran globo di calamita, et importando il nome Cosmo, il medesimo che mondo, potrassi sotto la nobilissima metafora del globo di calamita intendere il nostro gran Cosimo. Parmi altresì che non meno acconciamente venghino da i ferri pendenti dalla pietra circonscritti i devotissimi vassalli di S.A.S.; perché se il ferro solo è quel metallo dalla cui durezza si traggono le più salde armi, sì per la difesa nostra come per l'offesa dell' inimico, chi non sa che nelle mani, nel cuore et nella fede de i sudditi è riposta ogni difesa et sicurezza del principe et de' suoi stati? …Et quando volesse l'A.V. mantener vivo nelle memorie de i suoi vassalli questo pensiero, potria in questa occasione fare stampar medaglie d'argento et d'oro, dove da una parte fusse questa impresa col suo motto, et dall'altra intorno a l'imagine del S. Principe quest'altro: Magnus Magnes Cosmos, che nel senso literale altro non dice se non che il mondo sia una gran calamita, ma sott'altro senso dichiara l'impresa »
(Ed. Naz. vol. X, p. 221).

Cosimo II conferì a Galileo il titolo di Primario matematico e filosofo del Granduca e gli consentì il rientro in patria con un stipendio di mille fiorini. Lo protesse e lo favorì in ogni modo, incentrando su di lui la nuova politica culturale medicea in campo scientifico. In occasione dei due viaggi che portarono Galileo a Roma nel 1611 e nel 1616 per sostenere le proprie posizioni e per difendersi dalle accuse mossegli in occasione del primo processso, il Granduca fece in modo che venisse accolto dall'ambasciatore fiorentino e lo fece accompagnare da lettere commendatizie volte a preparargli un terreno favorevole.

Cosimo II morì a trent'anni lasciando il Granducato al figlio Ferdinando II, di soli dieci anni, e il potere effettivo in mano a una reggenza guidata dalla madre, Cristina di Lorena e dalla moglie, Maria Maddalena d'Austria.