Museo Galileo
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1. Introduzione

Il successo del compasso geometrico e militare, da cui Galileo ricavò anche una discreta rendita economica, provocò ben presto un'aspra polemica nel mondo accademico sulla paternità dell'invenzione. Alcuni sentori di un possibile plagio Galileo li registrò già nel 1603, quando l'olandese Jan Eutel Zieckmesser presentò a Padova un compasso del tutto simile al suo. Chiarita la priorità dell'invenzione in un pubblico confronto in casa di Jacopo Cornaro, Galileo decise di comporre Le operazioni del compasso geometrico e militare [II, 365-424] al fine di prevenire le pretese di altri possibili usurpatori. Il libro fu stampato in casa dell'autore nel giugno del 1606 senza tuttavia scoraggiare chi pensava di accreditarsene l'invenzione soprattutto negli ambienti colti. Otto mesi dopo Baldassarre Capra, che aveva appreso l'uso dello strumento proprio da Galileo in casa Cornaro, pubblicò in latino le operazioni del compasso rivendicando la paternità dell'invenzione: Usus et fabrica circini cuiusdam proportionis, Padova 1607 [II, 427-510].

La pubblica accusa di questo plagio che Galileo denunciò attraverso la sua Difesa contro alle calunnie ed imposture di Baldessar Capra rende conto dell'importanza che lo scienziato attribuiva alla paternità dell'invenzione. Dedicando Le operazioni al principe Cosimo de' Medici, Galileo intendeva entrare nelle grazie del Granduca Ferdinando I per un ritorno definitivo in Toscana, e il plagio del Capra ostacolava pericolosamente questo progetto. Il contratto per la cattedra di matematica all'università di Padova era scaduto nel 1604 e gli fu rinnovato solo due anni dopo. L'idea di comporre uno «scherzo matematico» per contribuire all'istruzione del giovane Cosimo era quindi chiaramente ispirata dal desiderio di lasciare Padova ed essere chiamato alla corte medicea come «matematico del Serenissimo Granduca», una carica già ricoperta dal celebre cosmografo Egnazio Danti e dal primo maestro di Galileo, Ostilio Ricci. Questa occasione gli sarà offerta qualche anno dopo dallo stesso Cosimo, ormai nelle vesti di Granduca, quando Galileo rese pubbliche le sue prime scoperte astronomiche con la pubblicazione del Sidereus Nuncius [III, 53-96].